“V a cosa pensi?”
É da un po’ che sto cercando di capirlo anch’io. Quando mi fermo troppo a riflettere su cosa dire alla fine finisco sempre per fare qualche casino, quindi quello che state leggendo (non tutto sicuramente) sarà il più possibile frutto di un flusso di conoscenza che viene dallo stomaco.
Intanto ciao, come va? Pensavo fossero passate poche settimane, ma l’ultima volta che ci siamo ritrovati qui era tre mesi fa, e ci stavamo dando un mezzo addio.
Questa frase mi sembra possa riassumere perfettamente l’ultimo periodo, io che do continuamente mezzi addii in giro. Ed è anche per questo che mi sono fermata tanto, avevo bisogno di ricentrarmi un attimo.
(Ma perché mi sembra di parlare sempre delle stesse cose?)
Comunque, ho pensato tanto a come riprendere a scrivere qui, così tanto che avevo tirato fuori un post talmente complesso e incasinato che neanche la mia mente riusciva a capirlo, quindi sono tornata sulle cose semplici.
Ed è proprio di questo che parleremo adesso nell'articolo. Delle cose semplici, dei piccoli gesti, ma non dei piccoli gesti in generale, ma di alcuni specifici che ho vissuto negli ultimi mesi e che mi hanno portato a fare una serie di riflessioni e ragionamenti che vorrei condividere.
Avete mai notato quanto siamo costantemente chiusi in noi stessi? Vi è mai capitato di alzare lo sguardo in metro e osservato le persone? Cosa fanno di solito tutti? Guardano il telefono, giusto? O stanno con lo sguardo perso nel vuoto con le cuffie (io mi inserisco in questo gruppo), qualcuno legge (pochi), nessuno o quasi parla con qualcun altro.
Mi sembra che adesso quando uno sconosciuto ci rivolge la parola restiamo sempre sull'attenti, come se ci aspettassimo sempre il peggio, o di dover fare qualcosa per qualcuno che non conosciamo. E non fraintendetemi, anch'io a volte faccio così, quando magari sono in sbattimento, o di fretta o altro, non mi fermo e chi si è visto si è visto.
Negli ultimi tempi però qualcosa è cambiato nella mia percezione delle situazioni. Mi sono sempre vista come una persona abbastanza confident nel parlare con sconosciuti, non è mai stato un grande ostacolo, ma era come se prima ogni volta che succedesse di chiacchierare con qualcuno così a caso, la mia mente non registrasse la cosa, il che è comprensibile, siamo tutti così costantemente bombardati da così tante informazioni che qualcosa bisognerà pur buttare, se no che caos.
Ma il punto dell'ultimo periodo, che non so esattamente a cosa sia dovuto, è che ho vissuto e sto vivendo una serie di piccole connessioni con altre persone, che possono durare da una manciata di minuti a delle ore, dove c'è una condivisione, o semplicemente una chiacchiera, che mi stanno facendo riscoprire il piacere dell'avere contatto con gli esseri umani, non tramite un dispositivo, non con dei messaggi, ma nella vita reale.
Mi piace sottolineare il fatto di "vita reale" perché è una cosa che a volte mi spaventa e dalla quale tendo a chiudermi nella mia bolla per evitarne i contatti, e invece adesso ho volutamente fatto scoppiare questa bolla e mi sto prendendo quello che arriva, che sia positivo o meno.
Insomma, ammetto che l'ultimo periodo, ma soprattutto l'ultimo mese è stato molto colmo di cose, ma questa è una di quelle che ricordo con più piacere. Dalla coppia di over 45 al concerto di Madame con cui ho passato l'intera serata a chiacchierare, parlare di musica e condividere pezzetti di vita, alla signora della gelateria sotto lo studio della mia psicologa a cui ho chiesto una crêpe, alle signore in metro che mi hanno aiutato in un moneto di difficoltà respiratoria. Questi piccoli collegamenti e gesti hanno significato tanto per la V degli ultimi tempi.
È incredibile quanto un'azione o un sorriso che arriva da uno sconosciuto possa avere un effetto positivo su una giornata magari non brutta, ma neanche così entusiasmante.
Mi sembra che a volte ci scordiamo che siamo circondati da persone che hanno storie o gesti da condividere. Siamo sempre tutti troppo concentrati su di noi e su quello che facciamo e abbiamo smesso di soffermarci sulle cose più piccole, più semplici, ma che sanno essere anche le più potenti se viste con gli occhi giusti.
Le connessioni che ho provato negli ultimi due mesi, sono state a tratti così significative, che mi hanno fatto sentire bene. Perché quante probabilità ci sono di trovare due estranei a cui casualmente chiedi "ma voi avete capito da che parte sta l'entrata del parterre" per poi passarci l'intera serata? Una serata che era prevista in solitaria tra l'altro (Sto facendo tante cose da sola, ma ne parleremo in un altro articolo).
Poche molto poche, SE non ti apri, se non comunichi, se ragioni sempre sul "ce la faccio da sola, me la trova da sola l'entrata".
Il punto è aprirsi, il punto è mettere un sorriso essere se stessi e buttarsi. Perché è ovvio che queste cose non succedono mai se non ti ci metti a farle succedere. Sono convinta che chi ci sta intorno, chi possiede la nostra stessa sensibilità, lo percepisca. E allora perchè bloccare l'eventualità di queste connessioni? Perché restare chiusi nel nostro cerchio quando là fuori ci sono persone e situazioni che ci attendono in un modo o nell'altro.
E che poi si vada a creare un legame, o semplicemente la cosa finisca di li a pochi minuti o ore, la sensazione del dopo è sempre un arricchimento.
Penso che sia bello ricevere tutto ciò, ma credo che sia ancor più bello provare a dare, anzi, forse ti lascia di più, ed è quello che sto cercando di fare, sento che è la mia missione di ora.
Mi fermo, ascolto, sorrido e quando posso e mi è permesso, aiuto.
Sento lo scorrere delle vite intorno a me, e quando mi permettono di entrare nel loro presente anche se per poco, cerco di lasciare qualcosa.
Non perché questo abbia uno scopo preciso, non perché voglio o mi aspetto di avere qualcosa indietro, ma per il semplice gusto di farlo.
Mi prendo tutto ciò che arriva e il resto in qualche modo verrà da sé.
Spero di avervi dato un bello spunto riflessivo
e di avervi spinto a dare più peso alle cose semplici,
vi voglio bene
A presto,
V
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